Come fanno gli LLM a capire il linguaggio? Gli embeddings sono la chiave

Andrea Belvedere
4 min readJan 29, 2025

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Ti è mai capitato di chiederti come faccia un’intelligenza artificiale a capire quello che scrivi? Non solo a riconoscere le parole, ma anche a coglierne il significato nel contesto giusto? Un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM) sembra quasi “intelligente”, ma in realtà ha un trucco ben preciso per farlo: gli embeddings.

Se non hai mai sentito parlare di questa parola, tranquillo. Anche io, la prima volta che ho provato a capire come funzionano gli LLM, mi sono trovato davanti a un muro di termini tecnici che sembravano scritti in una lingua aliena. Ma alla fine ho capito che gli embeddings non sono altro che un modo per trasformare le parole in numeri, dando loro una posizione all’interno di uno spazio che rappresenta il loro significato. Un po’ come mettere ogni parola su una gigantesca mappa concettuale.

Immagina un mondo fatto di parole… ma in 3D

Prova a pensare alle parole come se fossero puntini su una mappa. Quando parliamo, alcune parole sono più vicine tra loro perché hanno un significato simile, mentre altre sono lontanissime perché non c’entrano nulla.

Ad esempio, “cane” e “gatto” sono abbastanza vicini su questa mappa, perché entrambi sono animali domestici. Ma “cane” e “computer”? Beh, si trovano agli estremi opposti.

E qui entrano in gioco gli embeddings: sono un modo per trasformare ogni parola in una serie di numeri che rappresentano la sua posizione in questo spazio. Più due parole sono simili, più i loro numeri saranno vicini.

Sembra un’idea astratta, ma in realtà lo facciamo anche noi umani! Se dico “rosso” probabilmente penserai subito a “blu” o “giallo”, ma difficilmente lo collegherai a “lavatrice” o “telefono”. Il nostro cervello crea connessioni tra le parole in base a esperienza e contesto, e gli embeddings cercano di replicare questo processo… in modo matematico.

E il contesto?

Ok, quindi gli embeddings possono dire se due parole sono simili o meno. Ma come fa un’intelligenza artificiale a capire che la parola “banca” può significare sia “istituto di credito” che “riva del fiume”?

Semplice: guarda le parole vicine!

Se scrivo: “Ho aperto un conto in banca”, il modello sa che “banca” si riferisce ai soldi.
Se invece scrivo: “Ci siamo seduti sulla banca del fiume”, capisce che sto parlando della natura.

In pratica, gli embeddings non solo posizionano le parole in uno spazio, ma tengono conto anche di come vengono usate. Ed è per questo che i modelli moderni come GPT o BERT riescono a interpretare il contesto così bene.

Ma come si costruiscono questi embeddings?

Non è che qualcuno si mette lì con carta e penna a scrivere la posizione di ogni parola. Gli embeddings vengono creati automaticamente dai modelli di apprendimento automatico, che leggono miliardi di frasi e cercano di capire quali parole compaiono spesso insieme.

I primi sistemi, come Word2Vec e GloVe, si limitavano a contare le co-occorrenze: se due parole apparivano spesso nella stessa frase, il modello le metteva vicine nello spazio degli embeddings.

Ma i modelli più recenti, come quelli usati nei chatbot moderni, vanno oltre: non solo vedono quali parole stanno insieme, ma analizzano anche in che modo vengono usate. Così riescono a cogliere le sfumature del linguaggio e adattarsi meglio al contesto.

Perché gli embeddings sono così importanti?

Ok, tutto bello, ma nella vita di tutti i giorni che ce ne facciamo di questi embeddings?

Beh, se usi Google, se scrivi con il correttore automatico, se chiedi qualcosa a ChatGPT… gli embeddings sono lì a lavorare per te.

Ecco alcuni esempi pratici:

  • Motori di ricerca: se cerchi “migliori ristoranti economici”, Google non si limita a cercare le parole esatte, ma trova anche risultati con “locali a buon prezzo” o “trattorie economiche”, perché capisce che il significato è lo stesso.
  • Analisi del sentiment: gli embeddings permettono di capire se una recensione è positiva o negativa, anche quando il linguaggio è sfumato o ironico.
  • Chatbot e assistenti virtuali: grazie agli embeddings, Siri o Alexa possono capire cosa stai chiedendo anche se lo dici in modo un po’ diverso dal solito.

Insomma, senza embeddings, gli LLM sarebbero molto meno “intelligenti”.

Conclusione

La prossima volta che interagisci con un’intelligenza artificiale, ricordati che dietro c’è un sistema sofisticato che trasforma le parole in numeri e crea connessioni tra i significati. Non sarà intelligenza nel senso umano del termine, ma è sicuramente un modo affascinante per dare forma matematica al linguaggio.

E chissà, magari tra qualche anno gli embeddings diventeranno ancora più precisi, avvicinandosi ancora di più al modo in cui pensiamo e comunichiamo.

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Andrea Belvedere
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Written by Andrea Belvedere

Tech Writer at New Technology, Blockchain & AI. From Italy

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